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Ridere con gli insegnanti aiuta l'apprendimento e migliora i risultati scolastici

Può una semplice risata riportare l’armonia in una classe? Sì, lo conferma l’esperienza comune, ma c’è di più: oltre a creare un clima positivo dal punto di vista emotivo, ridere favorisce la concentrazione.

A sostenere questa tesi tanto provocatoria quanto rivoluzionaria è Lucia Suriano, insegnante, autrice di Educare alla felicità ed ambasciatrice nel mondo dell’International Laughter Yoga University, chiamata dall’ADI a chiudere la prima sessione di interventi nel seminario internazionale sull’educazione in programma a Bologna il 24 e il 25 febbraio.

Tutti gli insegnanti possono potenzialmente creare un buon clima emotivo in classe? Quanto incidono o interferiscono il temperamento, le esperienze personali, l’indole?

“Sì, tutti potenzialmente possono; certamente contano moltissimo la storia personale e le esperienze di ciascuno; il temperamento e l’indole costituiscono un vantaggio, ma non ritengo siano fondamentali, poiché un insegnante è un professionista che oltre alle competenze del sapere e della didattica deve aver sviluppato notevoli competenze socio-emotive”.

E gli insegnanti ‘antipatici’ come fanno? Non dovrebbero avere diritto di cittadinanza nelle aule?

“Bella questa battuta! Un insegnante “antipatico” non è un professionista, al massimo possiamo parlare di un insegnante poco empatico e allora, possiamo iniziare a riflettere su come si possa sviluppare la capacità di entrare in empatia con l’altro, del resto la nostra non è definita professione a relazione d’aiuto?”.

Che cosa significa ridere con i propri allievi?

“Significa svelare la propria umanità, significa creare le condizioni perché il processo di apprendimento trovi le condizioni per avvenire in modo significativo e non semplicemente come sterile processo finalizzato all’emergenza contingente, cioè l’interrogazione”.

Quanto la sua teoria è in debito con la lunga tradizione di studi sul comico, partendo da Aristotele per finire con Freud e Bergson?

Vede, quando all’università frequentai un corso di sociologia della letteratura il cui tema era proprio le “teorie del comico nella letteratura”, ebbi modo di approfondire le teorie dei grandi maestri che lei ha menzionato, allora mai avrei immaginato che questi studi mi sarebbero serviti così tanto. Oggi posso portare avanti il mio lavoro e le mie ricerche, certa che grandi maestri come Aristotele, Bergson e Freud siano una base sicura su cui poggiare per spiccare il volo con la ‘leggerezza’ che Calvino ci ha insegnato nelle Lezioni americane”.


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